Lo spazio transnazionale
La storia dell'età
moderna ha avuto come protagonisti gli Stati nazionali, assurti
progressivamente a soggetti principali della vita politica, e le reciproche
relazioni tra essi.
Nel mondo globalizzato ovviamente gli stati continuano a
esistere ma la loro presenza è "temperata", per così dire, da una
serie di fenomeni in grado di ridimensionarne il loro ruolo di attori
principali sulla scena mondiale.
Il più importante di questi fenomeni è la nascita di uno
spazio pubblico "transnazionale", ovvero di uno spazio in cui vengono
affrontate questioni di grande interesse collettivo che richiedono per la loro
definizione e possibile risoluzione, l'intervento di organismi che trascendono
le singole sovranità statali. Sono di
tale natura problemi come la tutela del pianeta e la salute dei suoi abitanti,
la sicurezza e la pace mondiale, la povertà e la tutela dei diritti umani.
La presa di coscienza di tali questioni, maturata
progressivamente nel corso degli ultimi decenni, ha favorito il sorgere di
organizzazioni internazionali deputate ad affrontarle. Tra queste occorre
innanzitutto ricordare ONU (Organizzazione delle Nazioni Unite), la FAO (Food
and Agriculture Organization), che si occupa di alimentazione e agricoltura:
UNICEF (United Nations International Children's Emergency Fund ), il fondo per
l'infanzia che promuove interventi assistenziali ed educativi ovunque siano
negati i diritti dei bambini, l'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità)
l'OIL (Organizzazione Internazionale del Lavoro). Sempre all'indomani del secondo conflitto
mondiale sono stati creati il FMI (Fondo Monetario Internazionale), che
stipula le linee della politica monetaria internazionale e svolge la funzione
di riserva valutaria mondiale, la Banca Mondiale (creata nel 1944), che concede
prestiti agli Stati per favorirne lo sviluppo sociale, mentre è più recente
(1995) l'istituzione del WrO (World Trade Organization), organo di controllo
per il commercio mondiale e le telecomunicazioni, conosciuto anche con
l'acronimo OMC.
Negli ultimi decenni si sono moltiplicate, a livello
internazionale, le occasioni di incontro e di dialogo tra i diversi Stati allo
scopo di discutere i principali problemi ambientali, demografici, economici e
sociali che affliggono il mondo e di presentare concrete proposte di intervento
in merito. A questo riguardo, sono di particolare interesse i convegni promossi
dall'oNu sui cambiamenti climatici, soprattutto sul problema del
"riscaldamento globale" del pianeta conseguente all'incremento
dell'emissione dei gas serra.
Accanto agli organismi istituzionali, esistono poi le ONG
(Organizzazioni non governative), enti privati che si occupano di aiuti
umanitari e di progetti di cooperazione e sviluppo. Le ONG nascono all'interno di una comunità
nazionale, la cui azione però si dispiega in tutto il mondo, sia nella forma di
concreti interventi su determinate emergenze ambientali o umanitarie, sia
attraverso la sensibilizzazione dell'opinione pubblica sulla portata di tali
questioni . Alcune ONG sono oggi molto conosciute e apprezzate dall'opinione
pubblica: si pensi, a titolo di esempio, ad associazioni come Greenpeace,
Amnesty International, Emergency, in prima linea per la difesa,
rispettivamente, dell'ambiente, dei
diritti umani e delle vittime civili della guerra.
Lo sviluppo della comunicazione di massa ha contribuito a
diffondere idee e programmi, così come a informare i cittadini dei vari Stati
delle loro concrete iniziative, che le hanno rese capaci, in alcune circostanze
di imporsi come interlocutori importanti del potere politico e di quello
economico: si pensi alle mobilitazioni internazionali spesso vittoriose
promosse da Amnesty international contro le esecuzioni capitali, o alle
campagne di Greenpeace contro le politiche economiche non rispettose dell'ambiente
La democrazia esportata
Da un punto di vista politico, il XX secolo è stato
caratterizzato dall'affermazione, nel mondo occidentale, della democrazia come
sistema di governo, ma non solo: anche nella coscienza comune si è radicata
l'idea che la società democratica sia la migliore forma di convivenza tra gli
uomini, portatrice di valori come la libertà, l'uguaglianza e il progresso
civile.
Negli ultimi 30 anni si è registrato un fenomeno importante:
dall'Occidente la democrazia si è estesa a un numero significativo di altri
paesi, al punto che, secondo le statistiche di Freedom House, il numero dei
governi democratici nel mondo è
raddoppiato nell'ultimo trentennio.
Come si spiega questo fenomeno? Premettendo che i processi
di democratizzazione hanno conosciuto percorsi differenti nei diversi paesi, e
che pertanto è impossibile individuare un'unica linea evolutiva, è indubbio che
le trasformazioni in senso democratico di molti Stati siano il prodotto di due
tendenze complementari: una "endogena", cioè interna agli Stati
stessi, e l'altra "esogena", consistente in quegli apporti diretti o
indiretti da parte del mondo occidentale che favoriscono la democratizzazione
stessa. Questi apporti di tipo esogeno possono essere di varia natura: dalla
semplice propagazione di idee e modelli politico-sociali diffusi dai mezzi di
comunicazione di massa alla fornitura di aiuti e assistenza per agevolare un
processo di cambiamento già avviato, fino ad arrivare a misure di tipo
coercitivo nei confronti dei regimi non democratici, che possono spaziare
dall'embargo economico (il blocco degli scambi commerciali deciso da uno o più
paesi nei confronti dello Stato incriminato) a un vero e proprio intervento
militare.
Questa serie di iniziative ha fatto recentemente parlare di
"esportazione" della democrazia, e ha fatto nascere molti
interrogativi in merito. Ci si è chiesti, ad esempio, se l'intervento militare
dell'Occidente nei paesi oppressi da regimi non democratici, presentato
all'opinione pubblica come un sostegno alle istanze di libertà emergenti, non
sia piuttosto funzionale agli interessi politici ed economici degli Stati
occidentali, i quali non si curerebbero invece della democrazia calpestata in
quelle aree del mondo non particolarmente importanti da un punto di vista
produttivo o strategico. Ci si è domandati anche se non sia una forma di
etnocentrismo volere esportare e imporre modelli politico-istituzionali di
stampo occidentale in contesti culturalmente distanti da noi, o ancora se di
fatto sia possibile fare attecchire ovunque la democrazia.
Al di là di questi ragionevoli dubbi, è comunque un fatto
che alla crescita su scala mondiale della democrazia abbiano contribuito anche
spinte autonome, favorite, secondo il politologo statunitense Samuel Huntington
alcuni fattori importanti:
a) la crescita economica, che favorisce negli stati il
nascere di un ceto medio portatore di istanze democratiche;
b) la crisi delle ideologie che sostenevano molti regimi
dittatoriali;
c) il ruolo di appoggio alle spinte di democratizzazione
svolto dalla Chiesa cattolica in particolare durante il pontificato di Giovanni
Paolo II;
d)una sorta di "effetto domino" creato dai mezzi
di comunicazione di massa, per cui l'esempio delle prime democratizzazioni
"contagia" altri paesi, contigui e non.
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