Di che cosa si occupano gli antropologi?
Il Lavora dell'antropologo contempla una presenza così durevole e costante del ricercatore sul campo – il luogo, materiale e simbolico, in cui una cultura è prodotta e può essere osservata di prima mano dai ricercatori – a contatto con i nativi, di cui lo studioso condivide la vita quotidiana e cerca di afferrare la mentalità
L’importanza del lavoro sul campo si connette direttamente alla centralità della nozione di contesto: per gli antropologi, infatti, gli elementi di una cultura (comportamenti individuali e sociali, norme, usanze, istituzioni ecc.) possono essere adeguatamente compresi e correttamente valutati soltanto se vengono situati nel loro contesto di appartenenza. La contestualizzazione di usanze e credenze le rende meno estranee, più comprensibili e provviste di una propria razionalità.
La ricerca antropologica di solito comprende:
-una prima fase empirica e osservativa di lavoro sul campo presso la popolazione prescelta;
-una fase successiva di interpretazione dei dati raccolti;
-un’ultima fase che consiste nella redazione di una monografia o di un articolo scientifico che espone i risultati della ricerca. Nel corso dell’indagine sul campo di regola l’antropologo utilizza metodi di tipo osservativo, scelti in base alla situazione in cui opera e tenendo conto degli scopi che la sua ricerca si prefigge. I tipi di osservazione L’osservazione può essere:
-semplice: l’antropologo utilizza i propri sensi (vista, udito, tatto ecc.) senza ricorrere agli strumenti della moderna tecnologia e annota le sue osservazioni sul taccuino in modo piuttosto libero e personale, in forma discorsiva e corredata da schizzi e disegni;
-attrezzata: l’antropologo si serve di una strumentazione che può comprendere macchina fotografica, videocamera, registratore vocale, strumenti di misura e rilevazione delle caratteristiche del territorio e schede di osservazione predisposte.
-esterna: il ricercatore si pone all’esterno o ai margini della popolazione studiata e si lascia avvicinare gradualmente dai suoi membri. Si tratta di un metodo usato anche in etologia umana, una disciplina che studia comportamenti universalmente diffusi come il sorriso, il saluto, le manifestazioni di aggressività;
-interna o partecipante: il ricercatore condivide la vita della popolazione studiata, cerca di entrare nella mentalità dei suoi membri e di assumere il loro punto di vista. L’osservazione partecipante è considerata la tecnica antropologica di indagine per eccellenza, anche se non si tratta di un metodo facilmente codificabile come gli altri tipi di osservazione: ha un carattere “artigianale” e richiede doti particolari di immaginazione, intuizione e capacità di relazionarsi con gli altri, oltre a uno spiccato spirito di adattamento a condizioni ambientali e di vita spesso difficili.
Il ricercatore deve avere uno "sguardo da lontano"
- espressione con cui si allude al distanziamento psicologico che consente all’antropologo di cogliere il senso unitario e le connessioni interne della cultura presa in esame, man-tenendo uno sguardo distaccato e obiettivo, cioè privo di eventuali schemi mentali e pregiudizi derivanti dalla propria cultura di appartenenza
Il metodo di ricerca più diffuso tra gli antropologi è, come abbiamo già detto, l’osservazione partecipante, che prevede un’“immersione” dello studioso nella società presa in esame
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